Denise, 21 anni senza un perché: “Ci manchi in ogni angolo della vita”, il grido dei genitori
21 anni dalla scomparsa di Denise Pipitone. Il dolore dei genitori Piera Maggio e Pietro Pulizzi: “Ergastolo del dolore”

Un vuoto che il tempo non può colmare, una ferita che sanguina da 21 anni. “Ci manchi in ogni risata, in ogni canzone, in ogni angolo della nostra vita”. Sono le parole cariche di dolore di Piera Maggio e Pietro Pulizzi, i genitori di Denise Pipitone. Il loro pensiero, affidato a una nota struggente, segna un altro, tristissimo anniversario: sono passati 21 anni da quel maledetto 1° settembre 2004, il giorno in cui la loro bambina è svanita nel nulla a Mazara del Vallo.
Denise non aveva ancora compiuto quattro anni. Stava giocando spensierata davanti alla casa della nonna, in via Domenico La Bruna, quando è stata inghiottita dal silenzio. L’ultima a vederla fu una zia, pochi istanti prima che di lei si perdessero per sempre le tracce.
Da quel giorno è iniziata la battaglia instancabile di sua madre, Piera Maggio, una donna che ha trasformato il suo strazio personale in un grido di giustizia conosciuto in tutta Italia, per non permettere che l’oblio calasse sul volto e sulla storia della sua bambina.
Negli anni, la speranza si è accesa a intermittenza, alimentata da presunti avvistamenti mai confermati. Il più noto risale all’ottobre del 2004, quando una guardia giurata a Milano filmò una bambina incredibilmente somigliante a Denise in compagnia di un gruppo di persone rom. Ma quella, come tante altre, si rivelò una falsa pista.
Le indagini si sono concentrate a lungo sulla cerchia familiare allargata, portando a processi che hanno tenuto l’Italia con il fiato sospeso. Sul banco degli imputati finirono la sorellastra di Denise, Jessica Pulizzi, e sua madre Anna Corona. Jessica, accusata di sequestro di persona, fu processata e infine assolta in via definitiva in tutti e tre i gradi di giudizio. La posizione di Anna Corona fu invece archiviata nel 2013.
Anche una riapertura delle indagini nel 2021 si è conclusa con un’archiviazione pochi mesi dopo, lasciando la famiglia con un pugno di mosche e un’amarezza infinita. I giudici parlarono di “indagini lunghe e incredibilmente vaste, da cui non sono emersi elementi sufficienti”.
Oggi, a 21 anni di distanza, le parole dei genitori pesano come macigni e denunciano un dolore che non trova pace. “La sensazione di ingiustizia per chi ha causato sofferenza, mentre noi ne portiamo il peso, è straziante”, scrivono. “Stiamo pagando sulla nostra pelle gli insuccessi degli altri, un ergastolo del dolore a vita. Evviva la giustizia!”. Un grido sarcastico e disperato che racchiude la tragedia di una famiglia che attende ancora una verità.